venerdì 8 aprile 2011

Vivicittà - di Elisabetta Iurilli

Vivicittà 2011
di Elisabetta Iurilli

Escluso la Caruggi che adoro, non amo molto le corse che si svolgono in città.
Abito in un piccolo paese di campagna, le mie corse sono tra prati e boschi. Dover fare i conti con l’asfalto e i palazzoni di Genova mi intristisce un po’ …
Eppure so che questa Vivicittà è una bellissima occasione di incontro con gli amici podisti. All’appello non mancherà quasi nessuno, ogni mezzo di contatto, dal cell, a Facebook, questa settimana recava una domanda ben precisa: “Ci sei vero domenica?”. Non mi tocca neanche fare l’alzataccia …
I partecipanti sono tantissimi. Lo capisco quando mi ritrovo alla ricerca disperata di un parcheggio che stento
a trovare. Guardo l’orologio, è ancora presto, eppure la voce dello speaker si diffonde già dagli altoparlanti del campo di atletica.
Villa Gentile mi appare ormai familiare. Gli allenamenti strappati in pausa pranzo quando posso, quando riesco. Le scarpe da ginnastica come chiodo fisso durante la mattina fino a quando non riesco ad indossarle … poi la magia, l’incontro con una fatica che sa di libertà, di affrancamento ad un andare quotidiano che non sempre piace o appaga. Dopo la doccia la vita riprende. Più serena però, più leggera.
Riconosco tra gli spalti le tute blu dei Genovini. Mereta ci accoglie tutti come fossimo campioni. Certe volte pensando ai miei risultati ho persino sensi di colpa mentre lo saluto … ritiro pettorale e maglietta di cotone con il logo della manifestazione. Sarà un ottimo pigiama estivo!
Mi raggiunge Claudio, ci scaldiamo insieme. E girando in pista ci aggiorniamo sulle nostre vite. Siamo due taccagni, per telefono costa parlare, nel pre-gara le notizie sui nostri cari, sul lavoro, sui sogni che spesso sono gare a venire. Poi viene il discorso gara attuale, allora ogni muscolo diventa protagonista in negativo, non ricordiamo l’ultimo allenamento, mentiamo spudoratamente su ciò che potrebbe portarci ad un risultato positivo di questa competizione. Ci vengono incontro Sandra e la Gina, splendide come al solito con la loro grinta ed il loro entusiasmo. Marco invece lo troviamo alle prese con la figlioletta Sara che correrà la sua non competitiva.
I bambini e le famiglie qui intorno sono davvero tanti, ci sono persone anche del mio paese che, zaino in spalla e tuta di cotone addosso, si preparano a vivere quattro chilometri cercando l’equilibrio tra corsa e passeggio, assaggiando un po’ di quello che noi runner abbiamo ormai come ossigeno di vita.
Ci raggruppiamo tutti pigiati dietro all’arco aspettando lo start che verrà dato in contemporanea in tutt’Italia. Al segnale si liberano le gambe, la voglia di correre, il nostro entusiasmo.
Partiamo e ci espandiamo per la città. Un fiume colorato che chiede di poter muoversi là dove di solito non può. Chiede di impossessarsi di spazi che di solito non vede, perché dall’auto o dalla corriera la prospettiva è diversa. Chiede di poter ascoltare il silenzio di quei luoghi senza traffico e tubi di scappamento. Vorrebbe non dover fare i conti con i troppi clacson di chi non capisce agli incroci e protesta facendo rumore, schiamazzando nervosamente maledicendoci un po’.
Albaro di solito la vedo al buio del mattino quando non albeggia ancora. La vedo dal 43 che prendo per andare al S. Martino. E’ il percorso più lungo che posso fare, ma arrivo presto a Genova, devo per forza far passare il tempo prima di andare in reparto … Albaro ha begli edifici, è una zona signorile. Alle fermate la mattina presto scendono uomini e donne delle più varie etnie. Penso che lavorino in quelle belle case, badanti, donne di servizio, giardinieri … Ogni tanto scorgo dal finestrino qualche runner che ce la mette tutta per non essere investito mentre arranca nel buio in salita … L’allenamento mattutino, poi la giornata può cominciare …
Corso Buenos Aires, frammenti di traffico deviato, traffico impazzito, nervosismo nell’aria … un occhio a via Venti, magnifica senz’auto, bellissima. Non mi fermo al ristoro, vado subito su per via s. Vincenzo. Ma perché Genova è tutta salite? Quando sono qui per shopping, a dire il vero, vado così lentamente che della pendenza proprio non mi accorgo. I problemi sono altri, portafoglio e taglia … e che problemi!
Ponte Monumentale, via Fiasella (credo) e poco dopo sono di fronte alle tre caravelle scolpite nel verde. Ancora un po’ e poi mi aspetta corso Italia. Un po’ lo temo, la sua salita lieve e subdola, capace di sfiancarti mentre tu la sottovaluti. Però si vede il mare. E la chiesetta giù infondo che non arriva mai.
Sul percorso sono  appostati a nostra tutela i militi della P.A. Nerviese. I più anziani li conosco bene, li chiamo per nome e li saluto correndo. Loro si girano, qualcuno mi riconosce, alcuni no. Sono passati tanti anni da quando lavoravo con loro, non correvo ancora.
Arrivo al ristoro cotta dal sole caldo cui non sono ancora abituata e dalla stanchezza. Un signore mi porge un bicchiere e mi batte una mano sulla spalla “Grazie ragazzi” mi dice. Riprendo a correre pensando che sono io che avrei dovuto ringraziare, dell’acqua, della gentilezza, della forza che può infondere una pacca sulla spalla al momento giusto. Perché quel grazie? Noi siamo solo gente che corre, con i nostri pregi, i nostri difetti e tanta voglia di vivere dentro …
Un’ultima curva e poi Villa Gentile riappare ai miei occhi. Due giri da criceto in pista e poi è l’arrivo. Mi accorgo di essere stanca, di volere solo il contatto dell’acqua della doccia sulla mia pelle, il resto può aspettare.
C’è festa tutt’attorno, gente serena, famiglie unite in quell’angolo di verde, campioni e gente comune mischiano le loro esperienze di corsa. Ognuno racconta la sua storia, la sua gara. Ognuno ha dato del suo meglio.

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