Le
sette Cascine
Siamo a Tagliolo, per
una delle classiche del panorama podistico piemontese. Una gara molto dura, con
salite che strapazzano, sentieri e pezzi di strada che impongono un susseguirsi
di ritmi diversi alle gambe. Eppure abbiamo risposto in tanti e tutti
entusiasti, anche se tra i “ciao, come stai?”… “non vedo l’ora di togliermela
questa gara, così fino
all’anno prossimo non ci penso più!”, “io speravo
piovesse forte, non sarei venuto”, “sono qui perché sapevo che c’era il tizio,
altrimenti stavo a casa!” Tutti pronti ad inventare scuse noi podisti, tutti
con un unico pensiero a quella rampa di cemento, quella salita con pendenza
notevolissima che ti chiede l’anima.
A me però questo
percorso piace, è uno dei miei preferiti. Sarà che è una corsa nella natura,
che si passa in mezzo a prati boschi e vigne, sarà che quando tocchiamo ognuna
delle sette cascine i contadini sono sull’aia a darti da bere, rinfrescare, e
commentare pacifici le nostre fatiche, sarà che ho idea che 32 anni fa, nella
sua prima edizione, la gara si svolgesse esattamente come oggi, con la stessa
semplicità e genuinità, insomma, tutte queste cose mi fanno sopportare meglio
la fatica che impiego tutte le volte nel portarla a termine.
Il gruppo parte unito,
si fa il giro del bellissimo castello, poi i primi si allontanano. Mi impongo
di non spendere tutto subito, ma gettarsi a capofitto in quella prima discesa è
inevitabile. Salite e discese si susseguono insieme ai ricordi di come le
affrontavo nelle edizioni precedenti. Vedo, forse per la prima volta, un
laghetto, mi rendo conto dell’esistenza di un maneggio. Penso che sto andando
piano per vedere tutto ciò, cerco di riprendermi, di essere più concentrata.
Sono i profumi della natura a distrarmi, siepi di fiori gialli, alberi dalla
fioritura tardiva, l’umido del bosco. Saltello sul sentiero in discesa, sulle
pietre bagnate dall’acqua di un minuscolo rivo, risalgo, mi sento felice.
Sull’aia di una cascina troviamo da bere, un contadino ha in mano una pompa,
getta acqua fresca a chi, accaldato, lo avvicina nel percorso. Poi c’è un prato
di erba alta, giallo e verde, il sentiero non è segnato se non dai nostri passi
sugli steli calcati. Da lì altro bosco, quello che porterà al punto più duro.
La salita di cemento la vedo prima nella mia testa che con gli occhi. Ogni anno
è lì, implacabile, dopo una precedente salita altrettanto dura. Sembra che ci
aspetti, che goda a vedere la nostra sofferenza, il nostro sudore spandersi
sulle tempie, il cuore battere forte, l’affanno dei nostri polmoni. Ha vinto
un’altra volta lei, per me è impossibile correrla. Ma dopo ecco un’ altra
cascina, altra doccia fresca, altra salitina, poi di nuovo prati ed un arco di
legno con la scritta a vernice rossa: “ultimo chilometro”. Ci passo sotto e
immagino i miei muscoli fare la “hola”. Tagliolo è in cima alla collina, sembra
più lontano di un chilometro. Ancora discese e salite prima di arrivarci, poi
finalmente vedo il traguardo, è fatta anche quest’anno.
Ci fermiamo alla
premiazione. Un’area verde ci accoglie, c’è anche la banda e le autorità che
hanno unito l’evento podistico alla festa nazionale. Osservo i runners
presenti. Sguardi rilassati, voglia di scherzare, di prendere e prendersi in
giro. Ma anche tanta soddisfazione personale per i propri meriti. Scopro,
quando vengono chiamati per le categorie, che questo o quel ragazzino è in
realtà un over 50 o un over 60 …
La festa per noi finisce
qui, si torna a Masone stipati in auto, qualcuno porta a casa premi, qualcuno
avrà da esibire solo la sua bottiglia, ma l’argomento di conversazione tra noi
è sempre lui, sempre lo stesso ormai da mesi, al contempo croce e delizia di
questi giorni, il nostro memorial si sta avvicinando a passi da gigante …
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