Ciao , mai come oggi l’ acronimo U.I.S.P. (Unione Italiana Sport Per tutti) ha avuto per me un significato così profondo, se è gratificante e “giusto” lavorare nel sociale con disabili o comunque con categorie di persone che suscitano la compassione dell’ opinione pubblica, la lacrimuccia facile e a buon mercato, oggi a mio parere la U.I.S.P. ha fatto molto di più: ha fatto entrare il mondo “pulito” dello sport nel ventre di un carcere, facendoci correre fianco a fianco con gli esponenti “sporchi” della nostra società, i temuti detenuti (rima voluta, si può sorridere ma è facoltativo). Per la nostra squadra hanno corso Armando Sanna, Alfonso Gifuni ed Emanuela Massa oltre ovviamente al sottoscritto, con noi hanno
partecipato circa una ventina di runners di varie società, fra i quali Andrea Giorgianni ed Emma Quaglia, che ringrazio in maniera particolare insieme ad Armando e ad Alfonso perché hanno dato prova che anche i top runner possono correre “perché è giusto farlo” e non solo per vincere una gara. Appuntamento alle sedici, io ovviamente arrivo con venti minuti di ritardo ma non c’ è problema, sono ancora tutti fuori per il ritiro dei pettorali e poi si capisce subito che nessuno di noi è andato li per gareggiare ma per “correre insieme”, penso che nessuno abbia fatto partire il cronometro….. consegnati i documenti alla polizia e ritirati i pass varchiamo il pesantissimo cancello di ferro e siamo dentro la casa circondariale, nel suo corridoio esterno, dove immagino i detenuti a “godere” dell’ ora d’ aria fra le sue mura di cinta, talmente alte da impedire al sole di illuminarlo direttamente. Mi si stringe il cuore a vedere da questo stretto passaggio i detenuti appesi alle grate delle finestre come se fossero dei topi in gabbia, ma non voglio disquisire su questo perché non vorrei scatenare l’ ira funesta di qualcuno che sostiene, a torto o a ragione, che “hanno sbagliato e devono pagare”. Leggero imbarazzo iniziale, almeno per me, chiacchiero con Giorgianni, con l’ Emanuela ma “noi” tendiamo a stare da una parte e “loro” dall’ altra, sono stato felice di constatare che questo era semplicemente dovuto al fatto che non ci si conoscesse e non ad alcuna forma di pregiudizio. Pronti via e si inizia a corricchiare dentro il cortile interno per uscire poi su piazzale Marassi e girare sotto la gradinata Nord per rientrare dentro il cortile interno da via Clavarezza, percorrendo in tal modo mezzo giro fuori e mezzo giro dentro per un totale di quattro giri. Senza esserci messi d’ accordo, fisiologicamente ognuno di noi affianca un detenuto e corre con lui fino all’ arrivo seguendone il passo, io ed Emanuela corriamo fianco a fianco di un ragazzo napoletano taglia XXL che ha espresso la volontà del ritiro già dal secondo giro, ma che incitato da noi correrà tutto il percorso attraversando l’ arco dell’ arrivo mano nella mano con Emanuela a sinistra e me alla sua destra. Mentre aspettiamo i corridori più lenti non posso fare a meno di andare a curiosare il triangolare di calcetto che si sta disputando nel campetto interno, notando dei giocatori che ben allenati non sfigurerebbero in un campionato di discreto livello, sfoggiare “doppio passo” ed altre finezze, dimostrando stile e visione di gioco. Mi accorgo allora che sono tutti ragazzi, li vedo realmente entusiasti di partecipare ad un torneo. Non so cosa abbiano fatto e non mi interessa, per me sono solo persone, ragazzi che stanno giocando a pallone proprio come facevo io alla loro età e tanto mi basta. Finita la partita si passa alle premiazioni: il triangolare di calcetto viene vinto dai “Latinos” che saltano felici come se fosse stata una finale ci Champions, mentre un altro detenuto, di cui adesso a mente non ricordo il nome perché straniero, ma tanto non è certo questo quello che contava oggi, ritira il premio per essere arrivato primo nella corsa. Avrei mille altre cose da scrivere, particolari più interiori che non si limitano alla cronaca di un pomeriggio di Sport, ma so che la sto facendo troppo lunga (come sempre) per cui vorrei citare solo un piccolo fatto: un giocatore dei “Latinos” ha devoluto la coppa vinta dalla sua squadra a Gaia Fiorini, dello staff U.I.S.P. che è letteralmente scoppiata in lacrime dall’ emozione ed ha abbracciato i ragazzi detenuti come fossero stati amici da sempre. E’ stato un momento molto intenso e commovente che ha dimostrato ancora una volta che lo sport non è solo cronometro e competizione, ma uno stile di vita che può fare molto anche per chi è meno fortunato di noi. Tutti i partecipanti sono stati premiati dal direttore della casa circondariale che ha speso belle parole sul reintegro nella società, sul vivere fianco a fianco senza creare distinzioni ed altre argomentazioni del genere che mi piacerebbe molto non si fermassero ai cinque minuti del discorso, ma fossero veramente una reale prospettiva di vita in una società che cerca il recupero e non la punizione. Se questo avverrà, dobbiamo ringraziare con tutto il cuore anche persone come Tommaso Bisio e tutto lo staff della U.I.S.P. che con costanza, con pazienza, sono entrate all’ interno di una cupa realtà a noi sconosciuta, cercando di portare con loro lo spirito dello sport che accomuna le genti.Grazie davvero, Giulio Satta.
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