venerdì 17 giugno 2011

Marcia delle Merci - di Elisabetta Iurilli e Gilberto Costa

“ La mamma di Alessio Alfier vi contava all’arrivo, vi guardava piena d’amore, era bellissima, voi le passavate davanti senza accorgervi della sua presenza, eppure eravate tutti nei suoi pensieri”.
Elisabetta Iurili
M d M
1^ Marcia delle Merci del 12 Giugno 2011  Acquasanta (Ge) a Rocca Grimalda (Al) di 60 km.

Per meglio capire, provare a farlo, cosa muove una persona ad organizzare una corsa del genere, gli ostacoli, le difficoltà.
Cosa spinge un individuo nel parteciparvi.
 Di seguito alternato al racconto quanto hanno  visto gli occhi di Elisabetta Iurilli, in veste di milite della croce verde di Masone ed in quella di spettatrice all’arrivo.
Chi meglio di lei …

I runner arrivavano molto distanti tra loro, ma il susseguirsi era molto simile a quello visto ai piedi del monte Dente.
Ho avuto dapprima come interlocutori i genitori dell’organizzatore.

Due persone simpatiche, con quel figlio appassionato di skyrunning di cui mi raccontavano le vicende dell’ultima settimana. Non sapevano quanto avesse realmente dormito, sempre su e giù per boschi a segnare il percorso e a controllare che i segni fossero abbastanza e a ricontrollare che la pioggia non li avesse tolti … dicevano avesse basato tutto sulla sicurezza dei partecipanti, perciò quel podista che per il nervoso di essersi perso non aveva dato più notizie di sé aveva mandato in tilt il sistema organizzativo e precipitato tutti nello sconforto.
Per fortuna il lieto fine, cui però sono seguite copiose lacrime.
Mi è stato spiegato che il volantinaggio e la pubblicità sono stati condotti soprattutto in aree in cui questo sport ha più proseliti, come la Val d’Aosta o alto Piemonte, la Liguria è stata un po’ sacrificata.
Elisabetta Iurilli


“La Marcia delle Merci vista al cinema”.
Risalendo alla cima di punta Martin, enorme meteorite di origine marziana (tonalità dei suoi sassi) l’immagine che va a sfuocarsi nella nebbia della fatica, successivamente nella bruma della mia  mente  valicando il monte Pennello, è quella proiettata nel celebre film  che circa  un decennio fa  fece incetta di Oscar (intera saga): Il Signore degli Anelli.
Infatti  ne: Le Due Torri,  Legolas, Gimli e Aragon; interpretati nel mio brulicante immaginario da Barnes, Cannetta e Vallosio, scappavano via inseguendo nelle terre di Rohan (spartiacque ligure padano) gli Uruk - Hai (percorso) che avevano rapito Merry e Pipino (i sogni dei partecipanti a questa prima edizione).
Nel loro incedere i tre intanto si facevano compagnia, alternandosi al timone dell’andatura, senza strappi od egoismi,  fatto salvo per qualche impennata figlia del talento.
Passi e scatti  messi uno sull’altro come le pietre per erigere i muretti a secco, dando vita ad  un’intesa poi saldata alla tavola rotonda della locanda di Rocca Grimalda.

La Compagnia incontrava nei vari passaggi calore ed accoglienza nel   vessillo  dei  CAVALIERI DI ROHAN
( Marzia, Andrea, Enzo tre nomi in rappresentanza di quanti si sono adoperati in tutto e per tutto lungo l’intero percorso per la riuscita del MdM)
capitanati dal coraggioso Eomer alias Alessio Alfier (organizzatore MdM), giungendo, attraversando  la FORESTA DI FANGORN (Masone, Tigleto ... l’urban trail di Ovada) a Rocca Grimalda.
Gli Uruk-Hai ( i sessanta chilometri percorsi) sterminati dai tre impavidi cavalieri, e bruciati in una pira fumante. Il susseguirsi di emozioni, stati d’animo, piccoli crolli  … e le risalite.
Nel mentre il personaggio da me interpretato, il Balrog, cadeva respinto  in una spaccatura senza fine.  Eliminato dal bastone di Gandalf  fatica   al grido:   Tu non puoi passare!”
Gilberto (Balrog) Costa


Ma ora ti scrivo quello che ho provato io, al di là della barricata.
“Che tipi sono gli skyrunner?” Bella domanda.
Quando devi preparare un’ambulanza devi sapere a che tipo di paziente potenziale vai incontro. Uno skyrunner però non si fa male, o se se lo fa non c’è ambulanza che regga.
Uno skyrunner non si ferma per dei graffi, tutt’al più per quelli siamo noi delle croci a pretendere di dargli una disinfettata, ma sarà una lotta lui vorrà continuare a correre.
Uno skyrunner se ha male se lo tiene, pensa faccia parte di quella sua dose di sofferenza che gli viene data in punizione perché si sta divertendo troppo …
Uno skyrunner sopporta stoicamente, ai limiti della pazzia quel dolore che se fosse provocato da lavoro o altro lo stenderebbe al suolo in pochi minuti.
L’uomo o la donna che corre per monti è un podista diverso.
Non gli basta quel sentimento di benessere che viene dopo un semplice allenamento su strada.
Vuole di più. Forse è l’irrequietezza la caratteristica comune, il lato selvaggio da placare prima che si impossessi troppo della sua parte buona.
O forse è l’amore per la natura, la percezione di essere un tutt’uno con quel mondo fatto di suoni odori e colori che risveglia il suo lato primitivo.
Oggi dalla mia postazione sentivo strani latrati. Non cani, forse caprioli, forse chissà. Vedevo la terra smossa dalle incursioni dei cinghiali.
Gli uccelli cantavano in maniera diversa, si sentiva un cuculo, altri mischiavano le loro voci in maniera che il suono ne uscisse un’unica melodia, altri volteggiavano sopra le nostre teste. Io aspettavo i runner in silenzio, con l’invidia di chi non ha potuto preparare una corsa cui teneva perché passa nei posti in cui conduco la mia esistenza.
Alcuni partecipanti si preannunciavano sentendo le loro voci in lontananza, di altri si sentiva solo il rumore dei passi e del fiato.
Una parola per tutti, spesso anche dati non veritieri ma incoraggianti, così come ho imparato nelle gare di cui sono protagonista e non spettatore.
I primi i più freschi, quelli che non sembrano sentire la fatica, quelli che sembrano fatti di gomma col loro passo armonico e ben ritmato.
Poi pian piano i più autentici, quelli che soffrono davvero, che parlano da soli, che si lamentano perché “la sacca perde e ho il culo bagnato!” …
Che bella la loro luce negli occhi, la loro voglia di sfida con se stessi prima che con il mondo. All’arrivo lo sguardo era stanco, le gambe non reggevano più.
Chi si è seduto e ha dovuto riposare lì un po’ prima di riprendersi, chi si è steso direttamente a terra, chi è subito andato a vedere la classifica …
Eccoli lì, domati da un percorso difficile, da un’esperienza dell’anima e del cuore oltre che delle gambe.
Domani saranno in un ufficio o in una fabbrica, un numero tra tanti.
Oggi sono stati degli eroi, degli skyrunner.
Elisabetta Iurilli

“A tavola : Cosa  fa un genovese casellese, insieme ad un argentino guascone, ad un ragazzone milanese, ad un figlio della terra ovadese, e ad un crazy horse toiranese?
Facile … si gusta pasta e fagioli ascoltando rapito:
gli aneddoti, le storie di skyrace, di trail;  episodi circostanziati dei  loro (tanti) attori protagonisti. Descritti minuziosamente prima ancora dagli occhi che dal verbo.
Gilberto Costa

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