21° Memorial Fabrizio Zeggio
di Gilberto Costa (aggiornamento)
... è riuscita bene. Uno strano effetto esser al di qua della "telecamera".
L' A.S.D. Atletica Valle Scrivia si è schierata al gran completo, nel tentativo di regalare ai quanti, un'opportunità di condivisione sportiva nel segno della serenità d'animo,
cercando di permettere agli intervenuti di poter gioire nel segno della corsa. Provando ad intuire, anticipandole, le varie esigenze, "malinconie" dei comprensivi podisti.
Un lavorone immane, difficile, che lascia in tutti uno stimolo nell'azzardarsi a migliorare. La possibilità della pre iscrizione è stata accolta favorevolmente.
Ci sono stati piccoli ritocchi al tradizionale percorso, colori che hanno reso il tracciato più faticoso ed avvincente. Si è inserito un po' di bosco. Era stato fatto in previsione
di una domenica assolata ...
Si è partiti ed arrivati in pista, usufruendo in questo modo di sostegno logistico, infrastrutture, mi riferisco a posteggi, spogliatoi e docce calde. Il giro d'onore in pista ad incoronare
la prestazione, nel giorno della chiusura dei mondiali Koreani d'atletica. Un caso.
Tanti hanno sorriso a queste modifiche, altri le malediranno.
Ma si sa: l'uomo per natura diverge dall'unanimità. Forse questa è la sua imprescindibile caratteristica genetica che lo rende unico, diverso l'uno dall'altro. Aggiungo io meno male!
Personalmente mi sono attardato sulla linea dell'arrivo per cogliere la gioia impressa negli occhi di chi tagliava il traguardo.
Un bambino scortato dal papà, rispondeva con un sorriso smagliante, suffragato con uno scatto sprint, all'incredulo applauso di quanti erano sotto l'arco del traguardo.
Vincitore compreso, Gabriele Poggi (Cambiaso & Risso) il quale è rimasto ad attendere tutti i finisher in segno di reale condivisione, e rispetto.
Una ragazzina arrivare provata, sfinita, soddisfatta nell'essere riuscita a dar tutta se stessa. Sedersi a terra a respirare l'impresa appena compiuta.
Oppure chi chiamava a casa per dire: "... faccio un po' più tardi, credo di essere nei premi."
Il "tapascione" di turno, giungere con un ultimo sforzo alla soglia della pista, scoprirla nemica di ulteriori 250 metri. Costringersi ad allungare la durata del duello
per un ultimo drammatico giro di vita.
Tre amiche in tenuta ginnica, che hanno affrontato quest'avventura sempre insieme; un po' a passo, un po' di corsa.
Sorridendo felici dall'inizio al
termine di questo 21° Memorial Zeggio.
Altri li ho persi, i più veloci.
Quelli che hanno corso sotto l'ora. Immagino che avranno conservato la luce che
illuminava il loro volto giù per i tornanti di Semino ...
Dalla mia "postazione" in
corsa mi sono divertito a filmare praticamente tutti. Scoprendo piacevolmente
le varie sfaccettature caratteriali del partecipante medio.
C'è il podista che corre
"professionalmente", emulando il professionista, che tenta, o ci
prova. Viaggia tutto concentrato, conducendo una linea di navigazione che tende
a limare ogni brandello di strada in
eccesso. Regalando ai propri occhi pochi centimetri di visuale; quella
strettamente necessaria per guardare il cuneo di strada
poco oltre la propria falcata.
Il controllo su coloro che
seguono è affidato semplicemente all'udito, nell'ascoltare i piedi degli
inseguitori sbattere, picchiando forte in terra. Decifrando attraverso
il tonfo che ne segue ... genera,
l'intensità più o meno acuta, la distanza che li frappone.
Altri, corrono guardandosi attorno,
confabulando con il compagno di viaggio di turno. Abbindolando così le sirene della fatica. La gogna della
sofferenza.
Se la sorte poi, mischia
sportivi di opposto sesso, può capitare di assistere alla
classica rappresentazione del "tacchino & cavaliere".
Gentile, premuroso, tanto da offrire
il passo, la posizione alla "donzella" di turno.
Ci sono gli equipaggi consolidati,
amici, fratelli e sorelle di mille corse, di sangue.
Alcuni
"interagiscono" con le auto del, in questo caso, raro e presso
ché nullo traffico stradale; inveendo contro le macchine, mandandole a quel
luogo per antonomasia.
"Quel paese".
Altri le scartano e basta. Solo,
con il solo obiettivo di correre, di raggiungere il traguardo il più
velocemente possibile. Per dare un senso alla loro mattinata di sport,
per sconfiggere il "mostro"
della fatica. Per ritagliarsi lo schema di un pomeriggio sereno.
In tanti parlano, gridano,
urlano. Lo fanno per vincere la timidezza, la "paura" dei chilometri,
delle salite che hanno da affrontare; quelle fatte
e che per un momento hanno
parzialmente ferito la muscolatura delle gambe.
Io in questo spartito domenicale, nel
suo pentagramma sportivo ho fatto la parte dello spettatore in platea. Legato
stretto alla mia postazione del tracciato per udire, senza sciogliermi dalle
funi, quello che la corsa generalmente mi sussurra fatale all'orecchio nel
mentre la corro.
Di Gilberto
Costa
gilbertocosta@hotmail.it
Sorridendo felici dall'inizio al
termine di questo 21° Memorial Zeggio.
Altri li ho persi, i più veloci.
Quelli che hanno corso sotto l'ora. Immagino che avranno conservato la luce che
illuminava il loro volto giù per i tornanti di Semino ...
Dalla mia "postazione" in
corsa mi sono divertito a filmare praticamente tutti. Scoprendo piacevolmente
le varie sfaccettature caratteriali del partecipante medio.
C'è il podista che corre
"professionalmente", emulando il professionista, che tenta, o ci
prova. Viaggia tutto concentrato, conducendo una linea di navigazione che tende
a limare ogni brandello di strada in
eccesso. Regalando ai propri occhi pochi centimetri di visuale; quella
strettamente necessaria per guardare il cuneo di strada
poco oltre la propria falcata.
Il controllo su coloro che
seguono è affidato semplicemente all'udito, nell'ascoltare i piedi degli
inseguitori sbattere, picchiando forte in terra. Decifrando attraverso
il tonfo che ne segue ... genera,
l'intensità più o meno acuta, la distanza che li frappone.
Altri, corrono guardandosi attorno,
confabulando con il compagno di viaggio di turno. Abbindolando così le sirene della fatica. La gogna della
sofferenza.
Se la sorte poi, mischia
sportivi di opposto sesso, può capitare di assistere alla
classica rappresentazione del "tacchino & cavaliere".
Gentile, premuroso, tanto da offrire
il passo, la posizione alla "donzella" di turno.
Ci sono gli equipaggi consolidati,
amici, fratelli e sorelle di mille corse, di sangue.
Alcuni
"interagiscono" con le auto del, in questo caso, raro e presso
ché nullo traffico stradale; inveendo contro le macchine, mandandole a quel
luogo per antonomasia.
"Quel paese".
Altri le scartano e basta. Solo,
con il solo obiettivo di correre, di raggiungere il traguardo il più
velocemente possibile. Per dare un senso alla loro mattinata di sport,
per sconfiggere il "mostro"
della fatica. Per ritagliarsi lo schema di un pomeriggio sereno.
In tanti parlano, gridano,
urlano. Lo fanno per vincere la timidezza, la "paura" dei chilometri,
delle salite che hanno da affrontare; quelle fatte
e che per un momento hanno
parzialmente ferito la muscolatura delle gambe.
Io in questo spartito domenicale, nel
suo pentagramma sportivo ho fatto la parte dello spettatore in platea. Legato
stretto alla mia postazione del tracciato per udire, senza sciogliermi dalle
funi, quello che la corsa generalmente mi sussurra fatale all'orecchio nel
mentre la corro.
Di Gilberto
Costa
gilbertocosta@hotmail.it
Ottima organizzazione con il percorso migliore di sempre. Gara impegnativa (è proprio questo il bello!) ma assolutamente da provare. Complimenti a tutti e... all'anno prossimo.
RispondiEliminaMauro