domenica 22 maggio 2011

Salita alla Guardia - di Valentina Deri

Salita alla Guardia


Mentre imbocco la salita della Gaiazza, che conduce al punto di partenza, e compare appeso al cielo il Santuario, mi ripeto come un mantra il consiglio di Elisabetta Iurilli: "la Guardia è solo una gara, non devi prenderla troppo sul serio..". Giusto, anche perchè non si può prendere troppo sul serio qualcosa che si preannuncia come un' ascensione in piena regola, con tanto di visione mistica (a detta di alcuni runners già esperti in materia) sull'ultimo lembo di percorso.
Il punto è che mi sono iscritta a questa competizione per una promessa che mi sono strappata da sola, in una serata di poche settimane fa, quando ho assistito ad una "vera salita": lo sforzo e la tenacia incommensurabili di un bambino piccolissimo che si attaccava alla vita e alle braccia dei suoi. La sua grinta è stata premiata, e io oggi rendo omaggio a quella faticosa arrampicata.
Quindi parto con quello slancio, la foto di Leo stampata sulla canotta, il suo coraggio impresso nel cuore; e una chiacchierata, finalmente, dopo tante mail, con Gilberto, che mi incoraggia e mi distrae mentre aspettiamo
lo Start. Così i momenti del pre-gara scivolano in quest'atmosfera tesa e allegra allo stesso tempo, gli organizzatori che sorridono accoglienti, molti che si scaldano, si salutano, si abbeverano alla buonissima fontanella sulla piazza. Tra i tanti runners ne spuntano due sudatissimi: sono i miei fratelli, i miei allenatori: Marco e Alessandro, arrivano correndo da Casella. Si dissetano, fanno in tempo a sognare di rilevare il bar della Gaiazza, e già freschi ripartono per la cima.
Tanto basta per farmi iniziare serena.
Come mi era stato pronosticato, la salita all'inizio non è ripidissima, ma continua, e dopo poco l'acido lattico aggredisce i muscoli e li fa gridare. Sono urla che si confondono con i respiri affannati, il rumore dei piedi che appoggiano e chiedono tregua, e qualche parola tra compagni di viaggio biascicata a denti stretti. Il verde di questo pezzo di Liguria brilla ignaro della nostra fatica, non ci offre ombra nè riparo, non protegge da un sole già acceso d'estate. E' un salire incessante, curva dopo curva, ci si concentra su dove mettere i piedi, sull'evitare il minimo spreco di energia. Il sudore mi cola addosso come lava incandescente, sospetto che prenderò fuoco a breve, se non fosse che al quarto Km c'è il punto ristoro, e l'acqua acqua acqua, meravigliosa limpida acqua....rinfresca, raffredda, rigenera.
E ora eccoli i km più duri, quelli di quando sei già stanco e pensi al Muro degli ultimi metri e ti chiedi se ce la farai, se ti terranno il fiato il cuore i polmoni, se arriverai al tuo traguardo, se farai quel passo magico, il più pesante, il più onesto di tutti, il più accorato. Ma non mollano i miei compagni, arrancano e durano e resistono, uno di loro mi dice che stiamo andando troppo forte (4e10) e io conto, ma non so più contare, mi perdo in questo 4 e 10, non so cosa voglia dire, non lo interpreto, è un geroglifico, una lingua che non so. Poi mi avvisano che siamo al sesto, siamo quasi al Muro, io non vedo niente perchè ho la faccia appiccicata per terra, ma mi fido. Difatti spuntano i miei Fratelli, più il mio dentista, sono scesi a prendermi. "Ecco ora è il brutto", "stai calma" "vai piano", un coro di saggi consigli che non ascolto. Sento solo che sono vicino a me e io mi affido a loro, come sempre: Alessandro è accanto, Marco dietro, con Stefano. Credo anche che provino a scherzare, con la vena umoristica di due che ne hanno appena fatti 25 e volano sulle gambe come lepri. A un certo punto vedo una discesa, qualcuno che indica dove andare e penso che sia finita. E invece...IL MURO. Impossibile.
Abbasso ancora di più la testa, non per scelta, un pò per paura e un pò per la forza di gravità. Chiedo ad Ale di starmi davanti, come nei nostri allenamenti, mi dà forza, così mi si avvicina Marco. Tengono un ritmo a loro sconosciuto per fare quadrato. So che se potessero in questo momento mi presterebbero i loro corpi svelti. Non sento neanche dolore. Solo i miei respiri veloci che si contorcono in un suono sconosciuto e orribile, che mi dice di fermarmi.
Ma poi penso a Leo, che non ha mica mollato alla fine, ha continuato la sua salita impossibile, e l'ha fatto regalando sorrisi appena poteva, squarci di luce abbagliante. Penso ai suoi genitori, alla gara che hanno fatto senza allenarsi. Al traguardo ci sono arrivati comunque e la loro testa era alta, giuro. Io ancora non riesco ad alzare la mia, credo di andare piegata in due, ma forse non sto neanche andando, mi trascino curva e ingobbita, se dovessi vedere un'apparizione sarebbe spiaccicata sul porfido...non so più dove trovare l'energia degli ultimi passi. Ma da qualche parte arriva. Perchè il passo del traguardo alla fine lo faccio. I ragazzi che sono all'arrivo mi sembrano degli angeli, e io forse ho appena varcato la soglia dell'Aldilà...
Ma non può essere l'Aldilà, perchè l'odore che c'è dentro il punto-ristoro è sudore umanissimo e terreno. Ora sono davvero contenta. Cerco Gilberto, per ringraziarlo, ma è già sparito, ad appoggiare i suoi occhi sulla prossima sfida.
Scendiamo giù alla Gaiazza, allora, i miei cavalieri ad aprirmi la strada, e la discesa è finalmente tornare bambini e giocare e scherzare. Mi sento leggera adesso. Accompagno (in macchina, finalmente) i miei eroi a Casella, rubo l'abbraccio più bello negli spogliatoi, e poi scendo da Leo. Lo trovo rotondo, attento, curioso, arrampicato tra le tette della sua mamma e le braccia del suo papà, gli occhi sgranati a rubare la vita.
La discesa, finalmente, è arrivata anche per lui....

2 commenti:

  1. E Leo ringrazia te e mio fratello,x le belle parole e x le tante giornate passate al suo capezzale e x gli incoraggiamenti ai suoi genitori,che senza avrebbero faticato ancora di più a vedere quella discesa........grazie! I genitori di Leo!

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  2. Tu e Leo siete riusciti a farmi piangere
    Se avessi degli zii cosi',sarei veramente orgoglioso
    Un bacio grosso a te
    Dagli un bacione a Leo da parte dello zio Ivo

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