L’alba del giorno
seguente distante una notte dall’epilogo del
“giudizio
universale” il cielo si mostra beffardo, una granita di stelle. Il graffio
della luna inferto a levante luccica brillante. Il Gorrei nel mentre riposa
immenso.
Trail de Gorrei
2012
“Il
giudizio universale”
Il trail dei Gorrei 2012 non era
in cerca di bellezza estetica nella
corsa dei suoi passeggeri, anime vaganti.
al gorrei interessava toccare il
senso fatale della sorte umana, nell’umana sorte. Giudicare da padre, giusto,
equo, non padrone.
Complice la fitta pioggerellina
di giornata, i corpi degli atleti in gara assumevano nel volgere delle ore
forme tozze e pesanti.
Da una parte i favoriti splendidi
ed aurei, come foglie portate dal vento, volavano via da subito scappando verso
l’alto
Con inquietudine e disperazione
pari alle loro “colpe” i dannati invece venivano trascinati, spinti verso il
basso da “creature malvagie” da loro stessi proiettate.
Nebbia, pioggia, fatica e dolore,
giungendo addirittura ad animarle tratteggiandone i connotati, profili
bestiali.
Pietre, vento ed alberi, erba, cespugli o
pozzanghere prendevano vita come le tracce lasciate lungo il passaggio,
orme abominevoli impresse a melma nel
fango.
Esseri sfavillanti nei colori,
bruciati da brevi raggi di sole sommersi
negli abissi del cielo.
Senza effetto i dannati tentavano l’assalto al cielo, neanche fossero novelli
giganti, ma il Gorrei, con forza, li respingeva così precipitavano duramente,
privi d’appello verso sentieri rosseggianti rassegnazione e sangue.
Altri venivano ammassati in un
angolo di dolore da “caronte” percossi
dal remo della loro stessa condotta, annegando le loro anime nell’acqua
che il cielo gettava al suolo ove, la terra
impermeabile respingendo catturava a se.
Il mitologico traghettatore delle
anime agli inferi non era tuttavia disegnato come creatura nemica dalle anime
inermi, piuttosto raffigurato idealmente quale esempio di costanza perenne, di
un volgere eterno.
Il Gorrei frattanto con sguardo
paterno e gioioso volgeva l’attenzione all’ascesa dei salvati verso il cielo,
nel mentre da un’altra parte
schiacciati a terra i
dannati seguivano attoniti il gesto imperioso e possente del Gorrei
Gigante.
Salendo per l’ultima fatica
in località Moretti non c’era gioia nei
volti dei salvati, solo cupo terrore fra i dannati verso il quale si volgeva il
giudice divino del Gorrei.
La corsa agonistica si
ricomponeva al termine, l’ira del gigante di pietra era tremenda, tutti erano stati giudicati, il
movimento vorticoso degli umani corpi si mescolava alle grida disperate, agli
urli dei demoni, all’assordante suono delle trombe degli eletti che, com’è
scritto sui sassi del Gorrei, annunciavano l’arrivo del suo eletto.
Fabrizio Roux.
“Nel mio infinito
disperato vagabondare ho provato ad oppormi con tutte le forze ( … con quelle degli altri) allo
strapotere dei miei limiti.
riparato sotto il
mio elmo, aggrappato stretto alla barba,
correndo diversi
chilometri dentro i passi di un piccolo grande uomo, Emanuele Zambarino, lui si
un GIGANTE.
Ho persino
calpestato i ciottoli dopo il suo passaggio, respirato l’ossigeno del suo
cielo. Offerto la mia goffa forma nei
passaggi contro vento, una sagoma riparo. Nulla del mio sacrificio è bastato.
Ho resistito senza
risparmio fino ad esplodere deflagrato dal ritmo indemoniato del suo cuore,
triturato fra i suoi passi e del Gorrei sassi”.
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