Corritalia 2011
di Elisabetta Iurilli
Il “domenica niente gare” detto il venerdì con decisione, si era trasformato nel giro di 24 ore nella certezza dell’esatto contrario. Un piccolo diavolo tentatore, un amico podista che mi invitava, la voglia di mischiarmi di nuovo allo squadrone ligure – piemontese che inizia le sue domeniche mattina compatto a rincorrersi tra le colline, la vicinanza geografica tra casa mia e il luogo dell’evento, tutti motivi validi per trovarmi a Rocca Grimalda per questa bella edizione della Corritalia.
Il piccolo borgo arroccato sul monte è semplicemente incantevole. L’aspetto medievale è stato mantenuto, ove possibile, intatto, e il castello che domina il paese sembra sorvegliare ancora oggi, col suo aspetto
austero, ogni movimento avvenga intorno ad esso.
La prima persona che vedo è una donna anziana. Chiusa nella sua giacca a tre quarti, della stessa stoffa della gonna, ci osserva sorridente dietro gli occhiali spessi. Dapprima penso che sia solo una passante curiosa, ma il suo soffermarsi ad osservare i bei corpi veloci e allenati dei tanti partecipanti mi fa pensare che non sia qui per caso. Un altro dettaglio importante traspare da quel corpo minuto. Una coccarda bianco rosso e verde fatta all’uncinetto e messa a mo’ di spilla sul risvolto della giacca. E’ bellissima questa signora che si aggira fra i podisti, che forte …
Incontro gli amici, i compagni di mille battaglie combattute con le sole armi delle scarpe da ginnastica. Sono quelli delle retrovie dove il plotone barcolla un po’ ma non molla … e mostro le mie medaglie: un ginocchio sbucciato in più punti e i lividi verdi che lo contornano “Domenica scorsa ho fatto il Cammino di S. Croce!” “A me dà solo fastidio il pensiero di infangarmi le scarpe…” mi risponde qualcuno e finiamo in una risata collettiva. E’ tardi, dobbiamo allinearci in partenza, non ci si è scaldati preferendo le chiacchiere … o era semplicemente per non aggiungere ulteriori fatiche?
L’arco blu ci tiene stretti dietro l’ombra della linea dello start. Siamo in tanti e siamo pronti.
Il silenzio di noi assorti e delle persone che stanno a guardare lo puoi toccare. Ma la tensione dura un attimo e subito dopo il borgo si riempie del rumore dei nostri passi, della nostra presenza sfuggente nei vicoli dalle discese troppo ripide, delle nostre magliette colorate e dei respiri che diventano sempre più affannosi … siamo di nuovo in piazza, saluto il marito che mi osserva con un’aria mista di divertimento e rassegnazione. Al mio arrivo la solita delusione sul suo viso: “Non ti sei persa neanche questa volta? Peccato …”
La strada si snoda sotto i nostri piedi, cercando l’asfalto rubato alle vigne. Filari ovunque, coccolati ma ancora spogli. Le colline addolciscono il panorama, ovunque il verde di una primavera annunciata, piena di belle promesse. Ci sono gli alberi in fiore, la tenerezza delle gemme e dei colori teneri nei prati, ma la salita chiama, non mi posso soffermare sui particolari.
Proseguiamo in un falsopiano fino al bivio con Carpeneto, poi è discesa. Scendiamo lungo la collina con una strada in pendenza favorevole che sembra non finire più. Non riesco a godermi questo tratto in cui la fatica sembra minore, non mi va di “rotolare” come in altri percorsi simili, quando so che manca poco all’arrivo. Decido di risparmiare le mie forze per quando ci sarà di salire di nuovo. E più si scende, più penso con orrore a ciò che mi aspetta dopo, in questo percorso per me sconosciuto.
La salita, con regolare puntualità, si presenta preannunciata da una fila di magliette colorate disposte in fila indiana a salire e a segnare colorate il percorso di gara a chi è lontano.
Mi armo di rassegnazione e inizio la mia ascesa. Penso che questi posti hanno qualcosa di familiare. Poi cerco di concentrarmi sulla gara. Quando rialzo gli occhi mi ritrovo sotto le finestre della villetta di una delle mie migliori amiche. Sorrido tra me e me … “Ale, sveglia, siamo arrivate …” Due occhi blu cercavano di prendere vita, Alessandra si alzava pigramente dal sedile del treno che ci portava a scuola, cercava sempre di dormire il più possibile. Siamo diventate grandi, abbiamo ancora i nostri riti, il nostro ultimo sabato del mese alla “Sex and the city” da passare insieme lasciando a casa marito e figli. Tante confidenze. Ci si sostiene nei momenti brutti, si ride a squarciagola in quelli belli, si piange guardando un fiilm … Ora sono sotto casa sua, ma ci scommetto che lei non si è neanche accorta della gara, a quest’ora di sicuro starà ancora dormendo…
Saliamo fino a raggiungere un pezzo di sterrato. “Che bello, di nuovo nel fango …” ma questa volta tutto è ridimensionato rispetto a S. Croce, qui si tratta di pochi metri, il divertimento dura poco. Ed è di nuovo asfalto. E salita, tanta e lunga. Meno male che ogni tanto compare qualche fotografo e la vanità ritma il mio andare.
Il Garmin che oggi non fa i capricci dice che ci siamo quasi. Ancora un piccolo sforzo e il borgo riappare, Rocca Grimalda si mostra in tutta la sua bellezza, sono arrivata.
“Il cartellino lo prendo io per il sorteggio” mi dice un signore che nel togliermelo di dosso mi restituisce la spilla usata.
Il ristoro è in uno spiazzo bellissimo e ampio. Da qui una vista a 360° sui colli piemontesi, che mentre correvamo hanno avuto il dono dei raggi di sole. Si vedono anche le montagne lontane con la neve fresca. “Ieri non c’era” mi dice Beppe di Tagliolo.
C’è focaccia per tutti, di quella normale e col sesamo, mai assaggiata prima. Fa la sua comparsa anche il salame, e per chi vuole dissetarsi, oltre the caldo e acqua, anche buon vino.
I vincitori sfilano tra gli applausi, e poi a tutti, grazie al sorteggio, viene dato un premio.
Tutto si è svolto all’insegna della semplicità. E’ stata una bellissima domenica mattina.
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