mercoledì 20 aprile 2011

La mezza di Genova - di Valentina Deri

La Mezza di Genova
di Valentina Deri

Se ripenso, a poche ore di distanza, al momento dell'arrivo, quando la mia famiglia si sbraccia nel vedermi arrivare, e mi strappa un grido dal cuore, che è stanchezza e felicità insieme, mi ricordo dei motivi per cui amo la corsa. E' una donna importante, esigente, fa soffrire e sudare e bestemmiare, svuota l'anima ogni volta che metti le scarpe, ma ha il potere sublime e sottile di insinuarsi dentro i tuoi pensieri e i tuoi desideri: per ogni goccia ti sudore ti concederà un passo un più, e per ogni
passo in più che riesci a fare, la visione di un nuovo traguardo. Questo il suo prezzo e il suo regalo. Non puoi barare, contraffare. Devi darti, o rinunciare.
A metà Aprile Genova offre il suo profilo più bello: brezza di sale e cielo turchese,
costellazioni di nuvole che disegnano i percorsi del sogno. Il nostro costeggia il mare,
abbraccia la città toccando i suoi estremi: passato il centro cittadino, Corso Italia sfiora Albaro, quartiere aristocratico ed elegante, profumato e ordinato, e la Sopraelevata ci porterà fino a Sampierdarena, zona popolare ed industriale, più disordinata e più viva. Sollevata sul mare, la Sopraelevata è un tappeto volante, è un'astronave, bellissima da percorrere, perchè ti offre Genova su un piatto d'argento: i tetti del Centro Storico, i vicoli angusti e seducenti, l'Appennino già a ridosso del mare, e le sue montagne cosparse di case e case che fanno tanto presepe, soprattutto la sera. Genova è una striscia di terra schiacciata tra il mare e i monti, è doppia possibilità: quando ci stancano gli spazi immensi e la vista dell'orizzonte, possiamo girare la testa, alzare lo sguardo, sognare alte vette, un po' di verde, e il mare visto dal cielo.
Non so se stamattina le centinaia di persone che si cimentano in questa gara hanno di questi pensieri d'amore verso la mia città, ma mentre li guardo prepararsi, raccontarsi, concentrarsi, mi auguro che almeno per un attimo, durante la loro fatica, possano apprezzare questo incontro. Dal canto mio mi avvicino al momento della partenza con un'ansia crescente e silenziosa, che non mi permette di salutare a dovere i miei affetti: qualcuno di loro, reduce da ben altre imprese, farà la Family Run, mentre Gilberto “scrollerà un po' di polvere di dosso”, inseguendo un' altra prova, con una tenacia e un rispetto per questo sport davvero ineguagliabili. Ci sarà la Mitologica Betta da qualche parte, ma fatalista, non la chiamo, confido di incontrarla strada facendo.
Allo Start ho tanta voglia di muovermi, e di scrollare la paura di dosso, che tornerà a più riprese durante questi 21, soprattutto quando i postumi di un piccolo infortunio si rifaranno sentire e ridimensioneranno i miei “sogni di gloria”.
Il centro città scivola via presto, riesco a guardarmi attorno, stupirmi dell'idea della Rambla in Via XX Settembre (??!) e quando arriviamo in Corso Italia, nel salirla vedo già i primi quattro che la ridiscendono, in una danza guerriera e aggraziata allo stesso tempo: sembrano una quadriga, il cocchio pesante che trasportano è il sogno del traguardo.
Accanto a me voci e scherzi, qualche soffio pesante, affaticato. Mi godo tutto, ho le cuffiette ma la musica è spenta, stamattina preferisco quella delle persone che corrono intorno a me. All'inizio della Sopraelevata faccio un incontro che migliorerà la storia della mia gara: Paolo, un ragazzo di Albisola, che purtroppo perderò sull'arrivo, ma che mi ha tenuto compagnia fino al 20esimo. Qualche chiacchiera da “runner”, la condivisione del respiro ansimante, la partecipazione emotiva alla strada dell'altro. E' facile parlarsi correndo, quello che hai da dire diventa meno pesante e il tuo cuore è più disposto all'ascolto. Vediamo di nuovo i quattro danzatori, aspetto con ansia di vedere la prima donna. E' piccina, scattante, leggerissima: ha lo sguardo di una che vince, vincerà.
Lungomare Canepa è assolato e stranamente dritto e pianeggiante per essere Genova, è il pezzo più doloroso, che percorro con la testa bassa e in silenzio, so che quando finirà troveremo un bello strappetto e un punto ristoro (benedetti!!!) e che poi prenderà il panico della fine. Che puntuale arriverà a ridosso del 19esimo: ce la fai, no, non ce la fai, ecco tutti i dolori impossessarsi del corpo, una girandola di malesseri, nausea, vomito, mal di pancia, tendine del ginocchio, maledetta pubalgia, giramento di testa, e le dita dei piedi, e sudi sudi oddio quanto sudi...poi il vento, si alza il vento, ovviamente è contro, mi conferma un vicino. Eh no, anche il vento no, non ce la posso fare, non ce la farò. Ecco mi vedo, l'imbecille che si ferma al 20esimo, ora mi metto a camminare e vaffanculo. La prossima volta vado a fare shopping, gioco a briscola, dormo come un sasso fino alle undici, prendo un tè con le amiche, faccio un corso intensivo di pilates, o meglio, la ricostruzione delle unghie.
Invece invece....qui ti paga la corsa. Ti torna quello che le hai dato. All'improvviso il passo che ti sembra più leggero, e i dolori dimenticati nel brivido dell'arrivo. Puoi accelerare ancora un po', non lo sapevi ma ne avevi ancora, di fiato e gambe e cuore, che urlerà leggero, finalmente leggero, nel vedere quei pezzi della tua vita che ti accolgono all'arrivo.
Bellissima competizione dunque, per il percorso, per l'organizzazione, per gli operatori sempre sorridenti, per l'atmosfera concentrata ma allegra dei partecipanti, e per questi incontri che ogni volta stupiscono.
Alla fine ho seguito il consiglio del mio amico Gilberto: mi sono divertita, ho prestato a questa gara tutto il mio cuore, e la gara me lo ha restituito traboccante di gioia e di emozioni.
Ora devo solo decidere la prossima.......!!!!!

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