martedì 8 marzo 2011

Placentia Marathon 2011 di Gilberto Costa

PLACENTIA MARATHON 2011  (resilienza)
di Gilberto Costa
Non la ricordavo così cattiva, una sovrana monarca, spietata. La maratona non ha caso  è regina senza rivali … da sempre. Non me ne vogliano le altre “damigelle” che pur frequento …  E non c’entrano  i chilometri, le altimetrie, i dislivelli o le superficie di altre manifestazioni  … affascinanti giganti meravigliosi.
La Maratona non fa sconti a nessuno, lo si legge impresso negli occhi infossati, lo decifri nei volti scavati, interpreti nelle smorfie di muto dolore
arricciato intorno alla bocca. Lo spieghi decifrando i cristalli bianchi del sudore  che colora le gote di tutti i podisti.  A cominciare dai top runners dalla falcata leggera, ampia e aggraziata a noi appassionati amatori quelli dall’andatura a singhiozzo, un po’ storti, a volte piegati, avvitati ai sogni, inclinati dalle incertezze, arrendevoli ai dubbi. Vecchie  forbici arrugginite, compassi stanchi.
La maratona  è  la gara di corsa a piedi  più dura tra tutte le distanze. La devi correre tutta. Non la inventi. Primadonna eccelle fra le altre.  
Ieri sera di rientro da Piacenza, in casa,  a Casella, non avevo più nulla da dare, da dire,  a parte il mio involucro, sarcofago di me stesso.  Svuotato, completamente asciutto.  Non riuscivo a tenere l'attenzione su niente. Ho acceso il pc, pochi minuti, provando a fingere i fogli. Nulla. Ho tentato di  rivolgerla alla tv, mi sembrava di guardarla immerso sott'acqua come un pesce immagino possa vedere  gironzolando distratto.
Giornata speciale, l’abbraccio del sole che illumina il corso nel centro storico, la signorile cornice dell’arrivo nella calda luminosissima piazza Cavalli. La corsa in periferia su strade ordinate fra campi scuri,  lenti al risveglio, gli odori della primavera legati ad una brezza frizzante. Il breve viaggio  nel tempo con il passaggio medioevale  da Grazzano Visconti. 
Il ritorno a Piacenza coincide con il battesimo in gara di Alessandro. Un ragazzo interessante, particolare  se si considera che come esordio ha scelto una maratona. Mai una gara prima di ieri. Poi tutto un tratto decide di fare la maratona. Avreste dovuto ammirarlo all’arrivo al termine dei 42 km,  sicuro, a braccia levate, sorridente. Tagliare  il traguardo avvolto in un’aurea fiera. Inconsapevole di quello che ha combinato; sentimenti che libererà una volta metabolizzato il riflesso.  Marco  e Simone lo hanno scortato fino alle porte della città per poi lasciarlo generosamente alle sue emozioni. Marco quel matto li … Una volta arrivato al traguardo non si è mica fermato! Si è voltato, e ritrosamente come fa un salmone risalendo la corrente per deporre le uova,  ha corso fino al 34° km per poi guadagnare la via dello stadio (villaggio accoglienza) arrivando presso a noi con la borsa in spalla e aver posto  58 km nelle gambe, che si ritroverà al momento opportuno fra qualche settimana.  Negl’occhi una luce consapevole, accecante. Esordio in maratona anche per Mauro sebbene la distanza l’aveva assaggiata alla Rigantoca. Chiude la sua “prima”  distinguendosi per l’ottimo  tempo e la freschezza dimostrata nell’immediato dopo corsa esibendola  in esercizi mirabili di stretching. Enrico, l’ espressione,  figlio ed esponente in pratica della resilienza. Da tempo sofferente per un'infingarda sciatalgia che le ha dannato le ultime settimane d'allenamento ...  nonostante tutto ha voluto e terminato i suoi  42 km. Avrebbe dovuto, poteva essere pure il giorno di Valentina. L’entusiasmo,  l’amore fulmineo per la corsa, i chilometri impazziti sui saliscendi di Genova, le salite “stronze” fra Carsi e Casella; il troppo darsi, il desiderio di vivere momenti magici senza tuttavia una confidente conoscenza sui rischi di un amore così acerbo l’hanno costretta ferita ed “inca22ata” a casa.
La maratona è bastarda. Ti succhia via di dentro, poco alla volta, fino a finirti. Ti relega in un cono rovesciato di luce, distante dai vocii della gioia , in un angolo silenzioso della coscienza, da solo, nella disperazione di un attimo; dentro un oceano disgraziato di onde che abbattono l’illusioni costruite su congetture. Non ha  fretta, affabulatrice,  semmai  ne mette.  Non s’impara mai di correrla.  Non sai resisterle. Lei non ti frena, anzi ti ammicca, strizza l’occhio. Si lascia seguire trascinandoti  fino al confine del dolore. Per un attimo pare gli basti … sazia?  Macché! Bastarda com’è ti permette di riaverti, unicamente per ricominciare la sua danza basata sull’equilibrio controllato della soglia, margine di confine fra il resistere e lo svenire.  Una volta  ammaestrato,  ammalato simile alla condizione  di “sindrome di Stoccolma”  inizia a chiedere quello che non puoi dare.  Così facendo ti permette prendendo senza domandare, tentando  senza  strappare  quello che non hai o ritieni di non avere. Filtro e giudice decisionale … Il coraggio.
Di Gilberto Costa

Nessun commento:

Posta un commento