domenica 6 marzo 2011

Lago Maggiore half marathon - di Elisabetta Iurilli

Lago Maggiore half marathon
di Elisabetta Iurilli

Perché quando sei in ritardo va tutto a rotoli? E’ mattino presto, ma dovevo partire più di mezz’ora fa per la gara. E sono chiusa in ascensore con le porte che non si aprono …
La nebbia soffice ed impalpabile che compare per strada non impedisce troppo la visibilità. Quando si dirada il monte Rosa appare impavido davanti a noi, bello e superbo, coperto di bianco candore.
Il sole sta sorgendo come una palla di fuoco nella campagna piemontese di cui non scorgi l’orizzonte. Erba di un verde vivace, campi marroni di terra come “pettinati” da macchine agricole. Qui tutto trasuda acqua. Le
piogge e le nevicate dei giorni precedenti. Ma oggi è una giornata splendida. Cornice ideale ad uno scenario già incantevole per conto suo.
A Stresa mi scaldo nella gabbia. E’ incredibilmente lunga. Da dove sono io almeno mezzo chilometro all’arco dello start! Mi passa vicino un bolide umano, un runner che prova uno scatto. “C’è chi nasce con addosso il motore di una Ferrari e chi con quello di un’auto scassata di seconda mano”. Come la mia … e mentre provo a mia volta uno scatto penso a cosa starà succedendo a Piacenza. Sono partiti già da quasi un’ora i baldi maratoneti liguri che corrono un sogno lungo 42 km … qualcuno è alla sua prima volta su questa distanza, chissà come sarà l’emozione della grande impresa, cosa gli dirà la sua prima maratona … io la mia ce l’ho ancora nel cuore.
Vedo la Rita e Vassallo, da qualche parte c’è anche la Santa, e tanti dalle magliette delle nostre società. Bene, qui non sono sola!
Intuiamo la partenza dall’avvicinarsi dell’elicottero. Si ferma sospeso tra cielo e lago. Azzurro sopra e blu sotto. Intorno i monti bianchi nelle cima, verdi a valle. Appiccicate alle loro pendici mille casette colorate che, man mano che il declive scende, diventano ville pittoresche. Sulla strada noi, popolo colorato della domenica, anime indomite alla ricerca dei propri limiti da superare. Abbiamo sudato per essere qui. Daremo il massimo ognuno nelle sue possibilità. Correremo e ci divertiremo.
I nostri passi veloci, la banda, le majorette la gente ai lati che applaude, i coriandoli che i bimbi ci tirano … tanti colori, tanta gioia di vivere …
“Infermiera, domani non viene?” “No, domani è sabato, e neanche domenica, me lo fa fare un po’ di riposo?” Non farmi andare avanti Carla, non chiedermi del mio week and, non voglio raccontarti una balla … “Si riposi bene allora!” “Sì lo farò!”. Da una settimana allieva in un reparto dove la gente è inchiodata ad un letto con un corpo che non risponde più alle funzioni principali. La mia voglia di correre, di sentirmi viva con l’aria in faccia che offende i miei occhi facendoli lacrimare, con le gambe che vanno veloci e portano lontano, il cuore che esplode di fatica e di felicità. No Carla, non posso dirti cosa faccio nei miei fine settimana …
Il quinto chilometro si riconosce dal primo ristoro. Che evito sempre. Pur sapendo che morirò di sete prima del decimo. La strada sale un pochetto. In realtà è un continuo salire lento, o così mi sembra, nella memoria Stresa - Verbania era classificata come maratonina impegnativa. Ma stupenda. Gli scorci a lato sono di una bellezza incantevole. Antichi villaggi di pescatori, oggi dimore signorili.
Mi si accosta un runner che vedendomi correre sola decide di dovere unire la sua esperienza a completare la mia gara in un tempo deciso da lui. Parla di tempi cronometrici, di obiettivi, di allenamenti, mi guarda le scarpe, la postura … poi però incontra un amico, la mia salvezza!
Vedo l’Isola Bella di fronte, con il suo palazzo e il giardino a terrazze nel quale girano indisturbati i bellissimi pavoni bianchi.
Ai lati della strada altri ristori, maschere di bambini e adulti, gente che batte le mani e che ci fa forza.
Le gambe iniziano a sentire tanta fatica. Nella mente un ripasso degli alibi che mi rallentano. Non voglio cedere, voglio arrivare nonostante l’affanno che indebolisce sempre più ogni mio passo, non voglio mollare, sono testarda, servirà a qualcosa …
Ma la salita mi prostra, sono circa al diciassettesimo quando credo di avere visioni mistiche …
Poi però arriva puntuale la discesa, rincontro il tipo che mi voleva portare al traguardo, ci si saluta e vado avanti.
Ricordo un’ultima salita prima del traguardo, non è ancora finita la sfacchinata. E questa arriva puntuale ed insidiosa. Ma non può durare tanto, mi dico, ormai siamo arrivati. E arranco disperata con il traguardo nella speranza del cuore. Non arriva mai, maledetto, è nascosto dalle mille curve che fa la strada, è invisibile agli occhi eccetto che negli ultimi 500 metri.
Sorrido vanitosa ai fotografi che imprimono gli ultimi attimi di gara e varco l’arco blu sfinita.
Un runner mai visto prima mi prende per un braccio. “Vieni a festeggiare, ti piace il vino?” “Certo, è il mio Gatorade!” E mi ritrovo in un banchetto improvvisato dove tre ragazzoni divertiti mi affettano del pane, ci mettono in mezzo del salame e stappano una bottiglia versando copioso nettare d’uva bianca. “E’ un ristoro improvvisato” mi dicono ridendo di se stessi e della loro bravata “Alla salute” e tutti si brinda.
Che pazzo mondo quello del podismo …

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