“I
papaveri che muoiono soffocati nel mare giallo di grano abbracciati alle spighe
bionde ondulate uno spettacolo al quale
impossibile sottrarsi”.
Marengo
Half Marathon e Stra Pioverà 2013
Riabbraccio Piovera (era di febbraio) che non è più la stessa cosa.
Sono cambiati i colori,
diversi i sapori, mutate le speranze.
Opposti i
profumi, distinti i silenzi, contrari gli odori.
C’eravamo incontrati in
un’alba incontaminata di un nuovo
giorno, di carattere
rigido. Tutto bianco brinato.
Lungo l’argine del fiume
Bormida,
come amanti al primo
appuntamento.
Il sottoscritto con il
cuore in gola
l’affanno morso in bocca
per la corsa
a “spron battuto” nel tentar d’essergli degno, di piacergli.
Piovera, femmina esperta,
gelida a fidarsi, fredda nel crederci,
ancora spoglia e scura.
Scoperta dall’immenso e
grande inverno.
Nuda la sua terra, lenta
nel rifarsi
bella, irraggiungibile.
Innamorati
rincorrersi in lungo ed in largo,
attraverso le rive del Tanaro.
Vecchi spasimanti
inseguirsi lungo le sponde del fiume Po.
Entrambi in punta di
piedi, monelli capricciosi,
titubanti l’uno dell’altra.
Piovera nei miei riguardi, per quel mio correre
pesante,
quella forza scaricata
in fatica che consumava le sue strade.
Me stesso nei suoi
confronti per quei lineamenti,
lontani dal mio sognare.
Invece furono
sufficienti pochi passi
incroci e sguardi.
Costretti
a rifiorire per rivivere quelle emozioni.
Un’esperienza
eccezionale da rievocare.
Mercoledì 12 giugno,
appena scorso, era pressoché irriconoscibile.
Avvenente, attraente …
seducente. Irresistibile.
Eppure non la scorgevo,
scrutavo gli orizzonti senza individuarla.
Come protetta in quel
dipinto post impressionista
che avevo innanzi.
Laggiù, davanti ai miei occhi indifesa.
Impressionante!
Non la riconoscevo in
quanto la ricordavo
vecchia di febbraio.
I miei occhi confusi in
quella
vastità che preziosa
muoveva
dondolata dal vento.
Piovera nel frattempo si
era evidentemente
concessa
all’inarrivabile
sommo maestro Van Gogh
in persona.
Capace di renderla
capolavoro fuoriuscita dal nulla.
Amata a tal punto
d’esser “impressionata” per sempre nelle
magiche pennellate,
posate
tutt’intorno nel canovaccio del tramonto.
Mimetizzandola in quel
quadro meraviglioso
che vivevo rassegnato,
papavero rosso
imbrigliato in quella
moltitudine.
Commossi di fatica.
Rassegnato alla
“sconfitta” consapevole
che in fondo è un gioco
andavo sereno alla
deriva sulla mia zattera
del destino
in quel mare biondo
fatato,
reso lucente dal sole
rosso fuoco che avrebbe trovato
dimora, la morte poco
dopo ad occidente, esalando
l’ultima brezza fredda
di respiro.
Attonito e muto di
parole coglievo
l’occasione per
ascoltare il silenzio,
avvistare il rincorrersi
di tutti gli altri.
Passo dopo passo,
allontanarsi
dal mio svogliato
morire.
Appassionati, innamorati
della corsa
ombre lunghe e sottili
in quel mare
di spighe d’orate
raggiungere il traguardo
di quel amore sperato.
Di Gilberto Costa
viabraia@alice.it
Nessun commento:
Posta un commento