La gara
L’Abbots Way (versione single) è un trail di 125 km con 5500 m. di dislivello positivo. Ripercorre da Pontremoli a
Bobbio l’antica via che permetteva agli abati di S.Colombano di congiungersi con la via Francigena per poter arrivare
a Roma. Il percorso è suddiviso in 4 tappe:
• Pontremoli – Borgotaro 32 Km (da percorrere al massimo in 7 h)
• Borgotaro – Bardi 33 Km (da percorrere al massimo in 7 h)
• Bardi – Farini 30 Km (da percorrere al massimo in 8 h)
• Farini – Bobbio 30 km (da percorrere al massimo in 10 h)
I tempi limite delle tappe si rappresentano in cancelli orari, se si arriva in ritardo si viene squalificati. Il tempo
complessivo concesso è di 32 ore con evidente necessità di un ritmo più veloce nelle tappe iniziali.
Partenza ore 08:00 del 3 Maggio arrivo entro le ore 16:00 del 4 Maggio.
Il percorso è segnato CAI ed è frequentato da escursionisti (la maggior parte che ho incontrato erano stranieri).
Notte al castello del Piagnaro
Notte fonda, mi trovo in branda nella foresteria del castello di Pontremoli, una stanza discretamente lugubre con
una piccola finestra protetta da inferiate posta a 4 m. da terra che emana un tenue chiarore, chissà le segrete …
Comunque sono in buona compagnia. Questo pomeriggio (2 Maggio) ho lasciato la macchina a Bobbio, un pullman
dell’organizzazione mi ha portato fin qua, ho sbrigato tutte le formalità, ho cenato. Domattina devo solo pensare a
svegliarmi, fare colazione, lasciare le borse agli organizzatori (una per Bobbio con tutti i miei averie l’altra per Bardi
per l’eventuale cambio a metà strada), partire. Ora bisogna solo dormire. Peccato che i compagni d’avventura
russino come cornamuse impazzite. Mi ritrovo a farmi del male ponendomi tutti i dubbi possibili: ho preso tutto ? Mi
sarò allenato abbastanza ? Il tallone bastardo che mi ha dato una fitta con l’ultimo allenamento mi darà tregua ? Ho
solo una certezza e riguarda la “strategia di gara” (che parolone) tra le due alternative: partire pianissimo e
mantenere un passo costante per buona parte della gara o partire più forte ed acquistare un buon vantaggio rispetto
al primo cancello. Opto per la seconda, l’ago della bilancia ha ricevuto un forte impulso dal fatto che Sonia e
Massimo vengono a darmi supporto a Borgotaro e a me dispiace farli aspettare.
Si parte (Pontremoli - Borgotaro)
Siamo schierati nei pressi del comune, con una popolazione incuriosita e commercianti che stanno manovrando per
montare il mercato, sicuramente meno benevoli nei nostri confronti.
I soliti riti scaramantici, c’è chi ingurgita barrette fosforescenti, chi beve pozioni magiche mentre il sottoscritto
controlla almeno ogni 20 secondi che tutte le cerniere dello zaino siano chiuse (sono solo 2) e che il GPS sia attivo.
Finalmente alle 08:05 si parte, 300 partecipanti iniziano l’avventura. Ci metto veramente poco a guadagnare le
ultime posizioni, non è una novità ho bisogno di almeno mezzora per andare a regime, mi pare che parecchi siano
partiti un po’ troppo spavaldi, comunque affari loro.
Passano i chilometri, i sentieri sono larghissimi, frequenti tratti asfaltati danno l’opportunità al tallone di mandarmi
segnali forti e chiari, ma va bene così; è previsto che debba soffrire.
Inizio a bere ed ecco la prima sgradita sorpresa, l’acqua dentro il camel bag nuovo è imbevibile tanto è forte il gusto
di plastica. Il solito maledetto errore di sperimentare cose nuove in gara, fortunatamente ho portato una borraccia
nella quale prevedevo di sciogliere i sali, è mezza piena. Decido di usarla riempendola ai rifornimenti e tenere
l’acqua marcia di scorta. Morale: mi sono portato 2 litri di acqua inutilizzata per 65 chilometri, decisamente non sono
furbo. Passano le ore, bevo e mi nutro frequentemente. Termina la salita, svalichiamo, ora fino a Boorgotaro è
discesa. Inaspettatamente mi accorgo che le pulsazioni sono troppo alte, sto lasciando andare le gambe e sono
sopra i 130 bpm, tachicardia ? Il respiro si fa un po’ affannoso (in discesa !) metto in atto tutti i rimedi anti crisi,
acqua, cibo e sali, la situazione però non migliora granché. Comunque si è fatta l’ l’una del pomeriggio, Borgotaro è
ad un tiro di schioppo. Dopo 10 minuti squilla il cellulare, Sonia e Massimo sono all’appuntamento. Nel frattempo
supero il cartello stradale indicante l’inizio della città, sincronismo perfetto. Termino la prima parte in 5:23:00 oltre
un’ora e mezza da amministrare sui cancelli successivi. Mi fermo al ristoro, rabbocco l’acqua, un morso a qualcosa
(forse un francobollo di torta al formaggio) e ingurgito mezzo litro di Coca Cola. Scambio di informazioni con Sonia,
bella gara bel tempo sto quasi bene, mentre lo dico riconosco nella mia voce afona i tipici segni di un attacco
asmatico, comunque metto in atto le contromisure: utilizzo la bomboletta contenente il bronco dilatatore.
Borgotaro – Bardi
Raggiungiamo Massimo che è più avanti nel tracciato, mi accompagnerà per qualche chilometro, saluti a Sonia e si
prosegue. Ho subito difficoltà a riprendere il passo , Massimo se ne accorge e cerca col suo passo di darmi il ritmo. Il
respiro torna subito affannoso, una fastidiosa rinite mi complica ulteriormente la vita. Nel frattempo ci cominciamo a
preoccupare del fatto di non vedere le indicazioni relative al tracciato, ci congiungiamo ad altri concorrenti perplessi
come noi. La prossima località da passare è S.Pietro, la salita che stiamo percorrendo pur riportando gli opportuni
segnali (sbiaditi) porta da tutt’altra parte. Dopo parecchi minuti contattiamo l’organizzazione, dobbiamo tornare
indietro, il bivio era dentro Borgotaro. Torniamo al bivio precedente che indica comunque S.Pietro decidiamo di
passare di li, se qualcuno oserà dirci che abbiamo fatto una scorciatoia ce lo sbraniamo! Nel frattempo Massimo si
stacca dal gruppo per andare in avanscoperta e trovare il ricongiungimento con il sentiero, i miei compagni mi
chiedono dove vada. Io rispondo che è il mio accompagnatore va a cercare la strada, li vedo perplessi, l’occasione è
ghiotta, aggiungo: “Quando ho bisogno di aiuto lo chiamo, dopo di che lo ripongo nella lampada”. Occhi stralunati di
persone poco avvezze allo spirito asmatico, probabilmente pensano che non sono a posto ed è per questo che
aumentano il ritmo. Cerco di stare col gruppo ma è troppo faticoso per le mie attuali condizioni, perdo rapidamente
terreno. Dopo una mezzora vengo affiancato da una jeep dove mi invitano a salire, con un filo di voce sto per dirgli
che non farei mai una scorrettezza del genere quando vedo che ci sono sopra altri concorrenti che mi urlano: “Ci
hanno fatto sbagliare percorso ed ora ci portano a S.Pietro”, l’autista ci rassicura “avete già fatto troppa strada in più
è il minimo che possiamo fare” . Per farla breve, i volontari che dovevano indicare la direzione da seguire, terminato
il turno, se ne sono andati senza aspettare il cambio. Noi siamo passati proprio nel momento sbagliato. Tutto è bene
quel che prosegue bene sarebbe il caso di dire, ma sarebbe troppo ottimistico, va bene la forza mentale ma a tutto
c’è un limite: perdurare dell’attacco asmatico, rinite, strada sbagliata … Passiamo davanti ad un’ambulanza
predisposta dall’organizzazione (peraltro aveva già 2 assistiti), sto per mettere in atto la soluzione finale, quando in
un barlume di lucidità colgo le parole di Massimo: “Stai in piedi passo dopo passo puoi arrivare a Bardi, li sei oltre a
metà strada e cambia la prospettiva, magari stai meglio e ti viene voglia di proseguire” ancora qualche minuto
assieme poi ci lasciamo, Massimo torna a Borgotaro con la promessa di sentirci appena arriva, io proseguo
strisciando verso Bardi. Le ore passano, se continuo con questo ritmo altro che cancello; arrivo a Bardi che non si
ricordano più nemmeno che c’è stata una gara. Mi prende una tristezza, era più di trent’anni che non avevo un
attacco paragonabile a questo e proprio oggi doveva capitare, ci tenevo veramente tanto a questa gara e son sicuro
che sarebbe stata alla mia portata, ma non in queste condizioni. Si susseguono le telefonate, Sonia, mia moglie, tutte
allarmate, basta loro sentire la fatica che faccio a parlare per capire la situazione. Il suggerimento è praticamente un
imperativo categorico: ritirarsi a Bardi ! Io sorrido pensando che c’è poco da ritirarsi, sarò ampiamente oltre il tempo
limite. Ho abusato dello spray, oramai ha esalato l’ultimo inutile soffio, mi fermo ad un ristoro organizzato dagli
alpini. Controllo nel road-book e non trovo il riferimento al ristoro, vengo a sapere che l’anno organizzato
spontaneamente, mi dicono: “Quando ci sono dei matti in giro noi non possiamo stare a casa” ognuno dà un
suggerimento all’asmatico, si va dal bicchiere di vino, alla grappa, al brucare l’erba luisa. Sono commosso, quanta
partecipazione e quanta umanità. Arrivano altri 2 concorrenti bevono e ripartono dicendomi: “dai dai se tiri un po’
stai nel cancello. E’ solo a 12 km.” Visto l’incitamento non mi rimane che alzarmi e continuare. Nel frattempo l’aria è
rinfrescata, mi sento strano cioè diverso come se qualcuno all’ultimo pitstop avesse sostituito i miei bronchi marci
con altri 2. Accenno a correre, le gambe girano bene il respiro è stabilizzato, sono stupito. Suona il cellulare. È Sonia:
“Massi come va?” rispondo: “Bene Sonia, ho ripreso a divertirmi, se sto dentro al cancello proseguo”, Sonia: “Viene
la notte, stai con qualcuno che se ti viene un attacco non sei solo” rispondo: “Va bene mamma”. Corro, cala la sera e
continuo. Dovrei fermarmi per mettere la frontale ma non voglio perdere un attimo, ho recuperato parecchio, ho
superato svariati concorrenti ma non è il momento di mollare, il sentiero è abbastanza bello e anche con scarsa
visibilità si rischia poco. Eccomi sull’asfalto, vedo la città. Iniziano i 200 m di dislivello che portano alla rocca di Bardi
su a passo spedito, ancora uno sforzo, supero il cancello dopo 13 ore e 44’ dalla partenza, ci son stato dentro per 16
minuti mi sono mangiato tutto il vantaggio che avevo, grazie Sonia e Massimo mi avete aiutato anche in maniera
indiretta , se non avessi avuto l’appuntamento con voi non avrei avuto abbastanza “fieno in cascina”.
Sono felice, per me inizia una nuova gara, cala la notte e la notte “mi è amica”. Un’inserviente mi chiede: “Anche lei
si ritira ?” rispondo :“Col ca**o” facendo il gesto dell’ombrello. Un attimo di smarrimento e poi le mie pronte scuse ,
ma mi dimostra subito di non essere offeso, chissà quante stranezza avrà già visto oggi. Mi suggerisce: “Presto vai in
palestra che c’è da mangiare e la tua borsa”. Decido di ripartire alle 22:00, mi prendo un quarto d’ora di riposo,
telefono, magari mangio e soprattutto scelgo cosa aggiungere nello zaino e cosa togliere. Rapida telefonata a
Moglie e Sonia, le opportune tranquilizzazioni ad entrambe, da mangiare è rimasto ben poco e l’aspetto non è
invitante, mordicchio una mia barretta. Mi metto addosso una maglia a maniche lunghe ed aggiungo un po’ di
barrette allo zaino, tolgo il camel bag e lo ripongo nella borsa. Recupero un’altra bottiglietta per portare la mia
scorta almeno ad 1 l.
Caspita come passa presto un quarto d’ora.
Bardi – Farini D’Olmo
Si effettivamente la notte “mi è amica”, soprattutto una notte come questa, tiepida e stellata, peccato solo che non
ci sia la luna. Inizia la salita del monte Lama, 11 km di salita a tratti ripida a tratti con falsipiani. Gran parte del
percorso è dentro il bosco , si fa un po’ di fatica ad individuare le segnalazioni ma comunque ho sempre qualcuno
dietro abbastanza vicino da poter individuare con la luce della frontale nel caso una segnalazione fosse in realtà un
tappo di bottiglia. Il sentiero è largo, spesso ricoperto da fango, innumerevoli i guadi con l’acqua al ginocchio.
Spesso intravvedo gli occhietti curiosi degli animali che rimangono abbagliati, è solo un attimo, poi fuggono via.
Rassicurante vederli quando il luccichio delle pupille è a pochi centimetri da terra, un po’ meno ad altezze superiori.
Raggiungo una bellissima piscina di fango, non ci son alternative: bisogna percorrerla. Vabbè tanto son già bello
zozzo. A metà vasca sento il piede destro sprofondare, mi punto con i bastoni e lo tiro su. Peccato che la scarpa sia
rimasta nel fango. Sghignazzando come un cretino sono riuscito a recuperarla, rapida verifica: è integra, c’è il
plantare. Quindi l’ho rinfilata, il piede si è comportato da stantuffo facendo uscire gran parte del fango introdotto.
Superato il monte Lama, la parte più faticosa della terza tappa è alle spalle. Proseguo fischiettando . I concorrenti
che incrocio mi guardano torvo, dico loro: “Scusate vi ho svegliato ?” non mi rispondono.
Passa la notte, mi sento ancora bene, incomincia a rischiararsi, sento freddo. Mi accorgo di non aver ancora
indossato la giacca a vento, non ne sentivo bisogno anche se abbiamo superato i 1300 m. c’era caldo, comunque ora
la indosso. Poco prima delle 6 sono a Farini d’Olmo, sono ancora al limite del cancello, dentro per 9 minuti. Al ristoro
mangio come colazione il miglior minestrone della mia vita, coca cola e caffè per tenermi su e via l’ultima tappa.
Farini D’Olmo – Bobbio
Inizia la salita, nel giro di 14 km porterà alla Sella dei Generali, poco sopra i 1200 m di altitudine. La mattinata è
fresca, il cielo coperto, proseguo di buon passo.
A metà salita sento un forte bruciore posteriore, mi accorgo che i glutei si sono infiammati, penso a causa del sudore
e dello sfregamento. Poco male ho con me la pasta di Fissan, una generosa manata e via. Per qualche km mi
convinco che il dolore rapidamente si stia attenuando poi probabilmente ciò avviene.
Telefona mia moglie: “Massimo come va ? “ e visto che chiodo schiaccia chiodo e soprattutto esistono chiodi grandi
e il culo è un chiodo piccolo rispondo: “Bene mi brucia solo il culo”. Mia moglie prontamente mi prende per il
medesimo: “Te l’avevo detto di non andare a dormire al castello di Pontremoli che è mal frequentato” Rispondo
“Senti donna non son qui per sentire le tue facezie ma per coprirmi di gloria” (il tono aulico lascia sempre perplessa
mia moglie e lei non controbatte).
Sento Sonia, le dico che va tutto bene (non siamo così in confidenza per parlarle dei bruciori), lei alla fine dice “Mi
raccomando, non fare scherzi ora devi arrivare” rispondo: “Tranquilla Sonia, tutto a posto anche se la sfiga può
essere dietro l’angolo”. Ho superato i 100 km, questo è territorio inesplorato. Nel complesso sto bene, le gambe
sono un po’ dure soprattutto in discesa, le spalle un po’ indolenzite il respiro non è completamente ok ma bazzecole
rispetto a ieri. Superata la sella si prosegue prevalentemente in discesa. Ho superato parecchi concorrenti, scoprirò
poi che si sono tutti ritirati, proseguo da solo per diverse ore, finché all’ultimo ristoro mi congiungo ad un ragazzo
con fidanzata a presso, cerca un posto dove sdraiarsi, per pochi minuti dice, lo convinco a darsi una bella sciacquata
alla fontanella e proseguire (mancano 9 km).
Si è risvegliato, infatti mi sta davanti e lo perdo di vista (scoprirò al traguardo che la ragazza lo ha accompagnato da
Farini in poi e non ha il pettorale) .
L’ultima salita, 50 m. di dislivello, in cima scollinando si vede Bobbio 400 m più in basso.
Paradossalmente inizia la parte più impegnativa del percorso. 4 km di discesa con pietre lisce bagnate da una
pioggerellina fitta, vado avanti cautamente; ho tutto il tempo e non mi voglio prendere nessun rischio. Certo che
devo essere uno spettacolo.L’omino di fango ingobbito con le gambe “dure” che sembra che cammini sulle uova, ma
non importa. Infondo alla discesa raggiungo l’amico ex dormiglione con compagna ed insieme attraversiamo il
bellissimo ponte medievale, entriamo dentro Bobbio. Qualcosa stona, forse il fatto che non c’è pubblico ma poco
importa, creo la giusta atmosfera fischiettando “momenti di gloria”, dentro Bobbio. Con un po’ di difficoltà (scarsa
lucidità) riusciamo ad individuare il traguardo, percorriamo gli ultimi metri con 3 persone che applaudono (Elio
Piccoli l’organizzatore e due conoscenti dell’amico ex dormiglione). Ma non importa. Finisher in 29 h 57 ‘ 02 ‘’ su 32 h
di tempo massimo. A saperlo alla partenza ci avrei messo la firma.
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