martedì 23 aprile 2013

La mezza di Genova - di Elisabetta Iurilli

La mezza di Genova 2013 Mi sto avvicinando al km 19 … bella fatica in auto!!! Sorpasso il cartello e penso a quanta strada dovrò fare oggi … Quanta in questa Genova superba che mi attende per mettermi alla prova un’altra volta … Ci sono cascata ancora al suo richiamo, lo dico tutti gli anni che è una mezza tutta grigia, che non mi piace, che è difficile, dico a tutti quelli che me lo chiedono che non la correrò, salvo poi mendicare all’ultimo un pettorale a Mereta. E guai a non esserci!!! Quest’anno seri motivi di gambe a lungo doloranti mi avevano fatto pensare che sarebbe stato meglio evitare questi 21 km
domenicali. E io giù a danneggiarmi lo stomaco con antinfiammatori e a spalmare pozioni magiche con intenti miracolosi … poi la sorpresa dell’ultimo minuto. Scendo dall’auto, faccio per prendere la borsa e mi blocco. Cervicale. Indosso a fatica gli indumenti per correre, dritta come un manico di scopa, e cerco il gazebo con i massaggiatori. Dopo un po’ di coda chiedo un massaggio al collo. “ma noi facciamo solo gambe …” e’ vero … con le gambe si corre, col collo no … mi si accende una lampadina in testa. Decido di ignorare il male, in qualche modo farò, se non altro … a fine gara, guardando il tempo d’arrivo avrò una signora giustificazione!!! Siamo in tanti in partenza, il sole, che secondo le previsioni non doveva fare la sua presenza, ci bacia generosamente tutti. C’è aria di festa, tutti carichi e sorridenti, c’è magia intorno, ma anche un pizzico di tensione, perché in fondo correre è una cosa seria. Tanti allenamenti, tanta fatica per preparare questa o quella gara … l’impegno, il tempo rubato alla famiglia … ora si aspetta il riscontro. Si aspetta dalle proprie gambe, dalla propria testa e dal proprio cuore. E’ una lotta contro se stessi, una lotta sana e genuina per tirare fuori il meglio con i propri mezzi. Boston nel cuore di un minuto di silenzio. Non ci fermeranno mai. Correre è libertà, siamo qui a dimostrarlo, con la grinta dei nostri passi sciolti da uno sparo. Scalpitiamo, cavalli indomiti, nel cuore di Genova. L’Annunziata guarda l’esercito colorato allungarsi verso la galleria, dentro il nostro rimbombo, le nostre urla amplificate, alcuni fanno cori inneggianti al “presidente”. Eppure non penso che si riferiscano alla politica, chissà! Via Roma, quanti bei negozi … guarda avanti Betta, che è meglio … e avanti mi appare la fontana più bella del mondo, quella di Piazza de Ferrari. Tutti i giorni questo percorso a ritroso in corriera. Oggi è tutto diverso, tutto più bello, più festoso. Via Venti, passanti fermi a guardare, curiosi indagano posandoci gli occhi addosso. Cosa pensano di noi? Che non ci piace dormire la domenica mattina? O forse un pizzico d’invidia? Corriamo, con la pendenza favorevole che ci porta fino in corso Italia. Avanti e indietro. Si vede il mare, il grande marciapiede con la gente a passeggio, si vedono soprattutto i podisti sull’altro lato. I primi che sfoggiano fisici asciuttissimi e sembrano volare. Un’andatura perfetta, sembra non provino fatica nel divorare i chilometri a ritmi da sogno. Dietro di loro il vuoto. Poi il gruppo degli inseguitori, sguardo cattivo, smorfie, fatica sudore e grinta. Poi il gruppo vero, quello delle persone normali, che vivono la corsa con costanza e serietà. Ne hanno fatto una ragione di vita, con buona pace dei coniugi e dei familiari. Che riescono però a intravedere la gioia di un momento magico nello sguardo di ritorno da un allenamento o da una competizione. E per quello sguardo portano un’immensa pazienza … “Betta, ma non dovevi esserci!” Mi urla Brodo che mi intravede mentre curvo. Lo saluto intuendo la sfida che combatteremo di qui in avanti. Come tutte le domeniche … I miei compagni di km oggi ci sono tutti. Tutti a correre a Genova, tutti ad omaggiarla come sappiamo fare noi, correndo attraverso le sue vie, le strade a noi pedoni interdette durante tutto l’anno. Tutti un po’ con la voglia di sopraelevata, di vedere la Superba dall’alto, col Matitone che si avvicina e il porto sotto. Brodo mi ha raggiunto. Fatica tanto, ma ha grinta. “Arrivi prima di me oggi” gli dico, tuttavia è ansante per la volata fatta e dopo il ristoro lo perdo. E finalmente imbocco via Aldo Moro. E’ strana la sensazione, è come essere sospesi tra cielo e mare, in una dimensione particolare. Sotto il caos del traffico deviato causa di “forza maggiore”, sopra noi, padroni del nostro bel sogno azzurro come il mare al di là della carreggiata. E intorno i monti, con le casette che si arrampicano, le salite, le creuze e poi il verde. Genova è di una bellezza strepitosa. Brodo è la prima volta che corre questa mezza, se si incanta lo frego … Si scende e arriva per me la parte brutta. La via che porta alla Fiumara la soffro, così come la dimensione “centro commerciale” “multisala” etc. Io sono per il negozietto sotto casa, il cinema parrocchiale, ma so di andare nella direzione opposta al “progresso”. Una curva, il rettilineo in senso opposto, il ristoro. Prendo il bicchiere con il liquido azzurro “E’ cianuro!” mi dice il signore che me lo porge “passerà mio marito a ringraziare!” rispondo pronta. Poi la salita, il pezzo terribile di questa mezza. Sono spompata, mi ci trascino. Poi le gambe riprendono il loro ritmo solito, in piano tutto è diverso, ma la stanchezza ormai la accuso severa. Ho solo voglia di traguardo, di fare la doccia. Penso al mio collo dolorante che dai primi metri di gara non ha più dato nessun fastidio. Magia! Penso che ho fame sete e sonno. “Betta hai sete?” E’ Brodo che mi sta sorpassando e nel farlo mi porge una bottiglietta blu di sali. La prendo, e sembriamo un po’ Coppi e Bartali dei poveri. Ma mi rendo subito conto che non riuscirò più a dargliela indietro, va troppo forte per me. Da dove ha tirato fuori tutta questa energia? Mi viene in mente il mito di Atalanta, dove lei si faceva fregare in una gara di corsa raccogliendo le mele d’oro che Ippomene lasciava cadere per distrarla e batterla. A me è bastata una bottiglietta di sali … Zona traguardo. Mi accorgo della presenza dei volontari della Pubblica Assistenza Nerviese, vecchi amici, li chiamo per nome man mano che li vedo, mi salutano festosi. Poi è la volta delle decine di bimbi con le mani tese a dare il cinque, penso di non averne saltato neanche uno. Poi c’è un arco gonfiato troppo bello, sotto cui sto per passare sotto … è fatta!!! E Brodo è lì con la Dorothy a raccontarle e ad aspettarmi …

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