mercoledì 7 marzo 2012

Il Cuore di Sestri - racconto di Elisabetta Iurilli

Il cuore di Sestri

Ci passo tutti i giorni. La corriera mi trascina addormentata all’andata, in un’ora ancora buia, quando i più dormono ancora. Se però apro gli occhi all’improvviso, so che ci sarà qualcuno “dei nostri” ad iniziare bene la sua giornata correndo. Al ritorno invece sono sveglia. Sulla rampa che porta all’aeroporto c’è sempre un runner, non riesco a vedere il suo volto, ma penso sia sempre lo stesso a quell’ora, quando passa il mezzo su cui viaggio. Si muove agile, ritmico nei suoi passi in salita decisi e scattanti, la pendenza non gli pesa. Non sa che lo osservo tutte le sere, un po’ invidiosa per quello che sta facendo e che
vorrei fare io, non sa che se non lo vedo ci rimango male. Oggi affronterò per la prima volta anche io quella rampa.
Sestri grigia, il cielo che non promette niente di buono, la via dello shopping dove so che mi sarà difficile correre senza buttare un occhio alle vetrine alla moda. Piazza Baracca è animatissima, ovunque runner, tanti, bambini, gente allegra di domenica mattina. Curiosi che ci guardano, cagnolini portati al guinzaglio, tanti volontari a vegliare su di noi e sulla buona riuscita dell’evento. Una corsa di sei km, quindi veloce, un battito d’ali.
Lunga coda d’iscrizione, a ritirare il pettorale da attaccare alle maglie, le spille che mancano sempre, le prossime gare stampate in un volantino da prendere e riporre nello zaino. I soliti gesti, i riti della domenica mattina podistica. Poi un breve riscaldamento guardando la moda della prossima stagione appesa addosso ai manichini. Potessi comprerei tutto, ma i soldi mancano, meno male che i negozi sono chiusi.
Uno striscione riporta bruscamente alla realtà. E’ la crisi della Fincantieri, sono gli operai che ci dicono di ricordarci di loro. Alcuni di noi li saluta, parlano con loro, danno, come possono, sostegno. Penso sia importante che non si sentano soli, che sappiano che la città è con loro, anche se non possiamo fare altro che stringerli tutti in un ipotetico abbraccio.
E’ la volta del via, di colorare il grigio qui intorno, ora si scatena la grinta, si suda ci si appresta alla fatica. Mi arriva il profumo della focaccia di un panificio, ma è un attimo, si sale a villa Rossi. Ricordi lontani, li cerco nella memoria, quando qui venivo tenuta per mano dai miei genitori e quella salita mi faceva paura. Tutto mi sembra enormemente più piccolo. Una scalinata diventa subito un imbuto. Si sale correndo gli scalini, ma si è rallentati, poi si sale ancora fino al punto più alto della villa, per poi scendere all’impazzata per recuperare i secondi perduti. Cerco i ricordi dell’infanzia, li chiamo, ma non viene nulla, solo mi rimangono le loro parole dolci, quelle che mamma e papà si sono scambiati ieri usandomi come messaggera.
Vengo deviata verso un caruggio parallelo alla via principale, lo trovo stupendo con quelle lenzuola stese sopra le nostre teste, qui ci abita la gente vera.
Veniamo aiutati ad attraversare la strada senza interrompere la nostra marcia. E’ una strada trafficata, una via importante di Genova, l’organizzazione è stupenda a permettere tutto ciò. Vedo la rampa che porta all’aeroporto, finalmente è il mio momento. Ed è faticoso! Forse perché c’è già stato un saliscendi importante, forse perché il ritmo è decisamente veloce, ma quando percorro questa salita mi vergogno un po’ del mio andare, decisamente diverso da quello del runner serale. Qualcuno mi urla di pensare alla focaccia del ristoro ed io rido tra me e di me, sempre così arrendevole di fronte a tanta salata bontà!
Vedo la fabbrica dove lavorano un paio di miei amici, sento il profumo del mare sommerso dalle barche ormeggiate, la lunga pista per gli aerei … intanto avanza Rity, corridore solitario, mi si avvicina sempre più inseguito da Andrea, anche lui staccato dagli altri. Gazzella e leone, poi il gruppo.
Il tratto è un lungo piano grigio, d’asfalto di cielo, di mare. Ci incrociamo, ci si fa coraggio, si fa il tifo, giro di boa ed è il ritorno, la rampa in senso opposto, la discesa, il nuovo attraversamento senza fermarsi che mi sembra opera di fantascienza più che del fischietto risoluto dei vigili.
Via Sestri è lì che ci aspetta con i nastri ai lati del nostro passaggio, come per gli eventi importanti. Gli accompagnatori urlano i nostri nomi aggiungendo “è finita” e infatti dopo una curva compare l’arco gonfiabile del traguardo.
Come promesso, al ristoro focaccia in abbondanza.
Mi allontano da lì e mi metto a cercare gli amici con cui sono venuta a questa gara. Mi cade l’occhio su una panchina dove quattro bambini vestiti da runner appoggiano la loro gamba ben tesa per stirare i muscoli. Sono concentrati, in silenzio e sudaticci. E’ senz’altro la cosa più bella vista qui, il cuore di Sestri.

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